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Bottacin (OPI Veneto): “gli Infermieri italiani hanno stipendi da fame, se non si interviene subito sarà un disastro per la professione”.

Lo sfogo di Marina Bottacin, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Venezia: “gli Infermieri italiani hanno stipendi da fame, se non si interviene subito sarà un disastro per la professione”.

In Veneto mancano ormai Infermieri in maniera cronica e non si fa nulla per incentivare nuove leve e neo-laureati a lavorare in loco. Gli stipendi sono troppo bassi e i neo-colleghi sono troppo pochi per coprire l’intero fabbisogno regionale. A ciò vanno aggiunti gli stipendi bassi, tra i più bassi d’Europa, che certamente fanno da deterrente per chi vorrebbe intraprendere questo lavoro e alla fine decide di fare altro o addirittura di scappar via all’estero.

In Veneto accade anche che le cooperative riescano ad offrire stipendi più alti delle aziende pubbliche, delle RSA e delle Case di Riposo, per fidelizzare i propri dipendenti e garantire servizi salati a chi chiede l’apporto degli Infermieri.

La situazione venete si riflette identica nel resto dello Stivale Italico, con isole felice a piccole macchie di leopardo.

Ecco perché la neo-riconfermata presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Venezia, Marina Bottacin, è scesa in campo per trovare una soluzione. Difficile, perché in campo ci sono tanti fattori da far combaciare, ma almeno ci prova.

“Negli ultimi due-tre anni la questione si ripete. Nelle due sedi universitarie di Padova e Verona ci sono circa 1200 studenti; ma ogni anno non si arriva a coprire neppure i posti messi a disposizione per l’esame di ammissione. Succede anche a Mestre, che è una delle dieci sedi distaccate del corso di laurea patavino: sono 150 i posti, ma gli studenti sono 147. E in altre sedi va anche peggio” – spiega la Bottacin agli organi di stampa.

“Ma perché il Corso di Laurea in Infermieristica ha perso di attrattività? Pensavamo che i due anni di Pandemia Covid, con tutta l’informazione sugli eroi dei reparti e sugli ‘angeli’ accanto ai malati di Covid, avrebbero fatto venir voglia a tanti giovani. Invece mi pare che molti abbiamo colte le difficoltà di questo mestiere faticoso, che non produce grandi vantaggi economici” – aggiunge la presidente dell’OPI di Venezia.

“Eppure il lavoro c’è e la disoccupazione è pari a zero. Quando, però, un giovane inizia a lavorare prende 1450 euro al mese e si porta tale cifra fino al pensionamento; non c’è carriera e non ci sono riconoscimenti economici per competenze particolari. E se poi si lavora nelle strutture private c’è il caso di prendere un centinaio di euro in meno al mese” – chiosa afflitta la Bottacin.

“Per questo serve una urgente riforma del sistema delle retribuzioni oppure i candidati a fare l’infermiere saranno sempre meno; bisogna riconoscere che la professionalità è cambiata e che molti infermieri non solo si sono laureati ma hanno continuato a studiare, prendendo la laurea specialistica, facendo master e via discorrendo. Il guaio è che, ciononostante, continuano a lavorare come prima, con gli stessi ruoli, gli stessi turni e gli stessi stipendi; per tutti questi motivi i colleghi neo-laureati cercano di trovare lavoro altrove e sono tanti a farlo; lasciano le strutture sanitarie pubbliche per andare in cooperative o per scegliere la libera professione. In entrambi i casi prendono più soldi e sono meno legati a turni: specie se sono giovani e hanno figli piccoli, riescono a gestire meglio i ritmi di lavoro e famiglia”.

“Cosa possiamo/dobbiamo fare? Abbiamo un dialogo frequente con la Regione Veneto. Chiediamo che venga allentato il patto di esclusività, così da poter fare libera professione intra moenia. E chiediamo che, di concerto con la Regione, si possa aumentare il numero degli studenti, venendo incontro alle esigenze degli atenei che, per accrescere la propria offerta, hanno però bisogno di sedi, docenti e risorse”.

Più chiaro di così.

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