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Surriscaldamento: gli effetti

Le temperature fuori stagione di questo periodo hanno portato a sconvolgimenti in tutta la Penisola. Un cambiamento eclatante dovuto al surriscaldamento è quello che vede la coltivazione degli ulivi sulle Alpi. Per effetto dei cambiamenti climatici i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette, mentre nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Al sud, invece è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango fino alle banane.

Queste notizie emergono dall’analisi Coldiretti in riferimento ai dati del rapporto Copernicus. Lo studio evidenzia come il 2022 sia stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa e addirittura il più rovente di sempre in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna e Irlanda.

Surriscaldamento, gli effetti sul nostro Paese 

In Italia, infatti, la temperatura media è stata superiore di 1,15 gradi con la caduta del 30 per cento di precipitazioni in meno, rispetto alla media storica del periodo 1991-2020, secondo le elaborazioni della Coldiretti sulla banca dati Isac Cnr che rileva le temperature dal 1800. «Si accentua dunque – sottolinea l’associazione – la tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e dopo il 2022 comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020».

Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti più tipici del Made in Italy. Così si va dai radicchi scoloriti che senza il freddo non riescono ad arrivare a maturazione in Veneto fino all’invasione di cormorani che sono moltiplicati in Puglia facendo strage di pesce negli allevamenti e in mare aperto. Le api sono sconvolte dal clima ed escono troppo presto dagli alveari, mentre piante come mimose, noccioli e limoni con fiori fuori stagione rischiano di essere bruciati dal gelo.

Vino e olio sulle Alpi

Nel tempo le tradizionali zone di coltura di alcune coltivazioni si sono via via spostate. Come gli ulivi che sono arrivate fino alle Alpi. Ora è la provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera a nord dell’olio d’oliva italiano. «Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa 10 mila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno».

Il problema del surriscaldamento globale e dei cambiamenti climatici interessa anche il vino italiano che è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni. Nel tempo si è verificato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale periodo di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”. Inoltre, il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

Cambiamenti climatici

Il nostro Paese, soprattutto per quel che riguarda le regioni del sud, sta assumendo sempre più una tendenza alla tropicalizzazione. Questa, ricorda la Coldiretti, «si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. L’agricoltura è il settore più influenzato dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. I danni provocati dalla siccità e dal maltempo che hanno già superato quest’anno i sei miliardi di euro.

E un altro effetto del surriscaldamento e dell’aumento delle temperature lo stiamo avendo proprio in questi giorni. Una notizia che ha fatto il giro del Paese, infatti, è stata la fotografie di vette come il Terminillo e altre località di montagna senza neve. 

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Tropico del Sud Italia

Con la tropicalizzazione del clima in Italia è cresciuta la presenza di frutta esotica con le coltivazioni di banane, avocado e mango. Nel giro di cinque anni sono praticamente triplicate arrivando a sfiorare i 1200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria. Il primo posto spetta alla Sicilia con coltivazioni di avocado e mango di diverse varietà nelle campagne tra Messina, l’Etna e Acireale, ma anche a frutto della passione, zapote nero (simile al cachi, di origine messicana), sapodilla (dal quale si ottiene anche lattice), litchi, il piccolo frutto cinese che ricorda l’uva moscato. 

surriscaldamento, un effetto è la coltivazione di litchi nel sud Italia
Uno degli effetti del surriscaldamento è la coltivazione, nel sud Italia, di frutti tropicali come il litchi

Anche in Puglia, ormai, i frutti tropicali sono una realtà consolidata spinta dagli effetti della siccità. Qui si registra un’impennata delle coltivazioni di avocado, mango e bacche di Goji Made in Puglia. Senza dimenticare tante altre produzioni esotiche come le bacche di aronia, le banane e il lime. In Calabria, invece, alle coltivazioni di mango, avocado e frutto della passione si aggiungono melanzana thay (variante thailandese della nostra melanzana), macadamia (frutta secca a metà tra mandorla e nocciola) e canna da zucchero. L’annona, altro frutto tipico dei paesi del Sudamerica è ormai diffuso lungo le coste tanto da essere usato anche per produrre marmellata.

Oggi, afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, «i cambiamenti climatici impongono una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio».

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Articolo aggiornato in data 11 Gennaio 2023
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