Il comune di Scillato investe su due dei suoi mulini storici. L’Amministrazione Comunale ha affidato un incarico per la loro riqualificazione. «E’ un nuovo passo avanti dell’amministrazione – commenta il sindaco Gil Cortina – Ho dato mandato a dei professionisti di effettuare il ripristino dei Mulini Famunia Supranu e Suttano, mulino funzionale didattico con l’acqua di Scillato. Ci adopereremo per trovare i finanziamenti. Si possono utilizzare con energia rinnovabile funzionale per attività produttiva e per esempio per farina di Tumminia. In questo modo si offre la possibilità di lavorare a qualche persona”.
Il Mulino “Famunia Supranu” è ubicato al di sotto dell’autostrada. E’ quello cui si fa cenno nelle pergamene del 1156 e del 1196 riguardanti i mulini di Scillato. Questo mulino ha cessato la sua attività agli inizi di questo secolo. L’abbandono pressochè totale e la continua aggressione della vegetazione lo hanno ridotto a rudere. Rimangono in buono stato di conservazione il “casso”, la “canalizzazione” e la “botte”, costruiti con grandi blocchi di tufo ben squadrati e accuratamente messi in opera. A differenza degli altri opifici, il “Famunia Supranu” presenta, adiacente al mulino, un corpo di fabbrica a due livelli, usato come abitazione dal mugnaio.
Il Mulino “famunia suttanu” detto anche “mulinu da Cruci” è l’ultimo ed anche il più grande della batteria dei mulini posti lungo il torrente Gulfone. E’ il secondo dei mulini su questo versante che presenta la peculiarità della doppia canalizzazione. Qui sono ben leggibili le due “botti” e i due “cassi” costruiti con conci di tufo e malta. La “mola” ed il “frascino” si trovano ancora in uno dei locali del mulino. L’edificio, totalmente abbandonto e aggredito dalla folta vegetazione, versa in grave stato di degrado. Nel “Famunia Suttanu” si svolgevano due diverse attività: quella molitoria e quella della follatura dei tessuti. Testimonianze locali ne ricordano l’attività molitoria sino al primo ventennio del secolo, mentre del paratore non si ha alcuna notizia. Sulla data di costruzione non si hanno notizie certe, ma è probabile che questo sia uno dei mulini a cui si riferisce il documento del 1196, come è pure probabile che sia questo il mulino cui si fa riferimento in un processo di investitura dei feudi relativo all’anno 1543. Conosciuto anche come “Mulino a Cruci” per la presenza , su un muro interno, di un bassorilievo in calce raffigurante una croce con la scritta “Alberum (INRI) Salutiferum”. A pochi metri dal mulino si trova un locale, di forma quadrangolare, che veniva adibito a dormitorio.