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Omicidio Spampinato, un

Ragusa – “Campria, le verità nascoste nel quadernone”, è la prima parte di un’inchiesta in tre puntate del giornalista di la7 Carmelo Schininà per il Giornale La Sicilia sui delitti Tumino – Spampinato. L’omicidio del corrispondente de L’Ora Giovanni Spampinato, ucciso nel 72 a Ragusa, dall’allora figlio del presidente del tribunale Roberto Campria legato al un altro delitto, accaduto 8 mesi prima, quello di un professionista che trafficava in reperti d’arte, Angelo Tumino, rimasto a carico di ignoti e sul quale a 50 anni di distanza la procura di Ragusa ha riaperto le indagini.

DOCUMENTO ESCLUSIVO.
Un misterioso scritto trovato nell’archivio di Campria che la famiglia ha aperto solo ora da quando l’assassino reo confesso del delitto Spampinato morì nel 2007. Il figlio del presidente del tribunale scrisse un dialogo tra un padre e un figlio. Evocando “vizio, tradimento e infamia”. La “colpa?”. “Quella di non aver parlato. Di non aver detto prima la verità”. Un flusso di coscienza dove si evoca “una madre ingrata e una moglie infedele”. I familiari frenano: non è la mamma di Roberto”. Ma lo scritto evoca uno scenario che potrebbe legarsi a dettagli emersi nei fascicoli giudiziari e nelle notizie stampa di allora. 

“Caso Spampinato, l’anonimo ‘religioso’ ”
La seconda parte dell’inchiesta in tre puntate del giornalista di la7 Carmelo Schininà, pubblicata sul quotidiano “La Sicilia” si concentra su una lettera anonima rimasta inspiegabilmente sconosciuta all’opinione pubblica per 47 anni, pubblicata ora per la prima volta. Fu inviata nel marzo del 1976 a Roberto Campria, l’assassino reo confesso del corrispondente de L’Ora Giovanni Spampinato, durante la sua detenzione al manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, dopo il delitto. Sembra scritto da un religioso, o da qualcuno che vuol sembrare tale, che dice di conoscere tutta la verità sul delitto dell’ingegnere Tumino, il fatto di sangue sul quale indagava il giornalista prima che venisse ucciso e sul quale la procura di Ragusa, a 50 anni dai fatti, ha riaperto le indagini.

“Sono uno che sa molte cose sul tuo conto e degli ‘amici’ che ti hanno incastrato costringendoti a uccidere il giornalista Giovanni Spampinato”, scrive l’anonimo in una lunga lettera piena di presunti dettagli e indizi sull’identikit dell’assassino o “degli assassini”. “Non puoi aiutare dei delinquenti mafiosi a sfuggire alla giustizia” continua l’anonimo, “scrivi la verità alla famiglia Spampinato, invoca lo ’stato di necessità che ti portò a ucciderlo e chiedi perdono ai familiari, solo così avrai redenzione”. Cos’è questa lettera, la prova di una “confessione” o uno strumento di pressione? Perché l’anonimo spunta solo ora? La famiglia Spampinato fu mai informata? Chi si nasconde dietro il “religioso”?

Le anticipipazioni sulla terza puntata, in pubblicazione domani, giovedì, su La Sicilia
Parla per la prima volta il figlio di Campria con una rivelazione sulla storia della valigetta. Si tratta dell’episodio raccontato da Campria ai magistrati ragusani qualche giorno prima di uccidere Spampinato quando una persona (che lui definì “insospettabile”) gli chiede di portare una valigetta a Palermo.

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