E’ durato un’ora l’interrogatorio del boss Matteo Messina Denaro, sentito dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, i magistrati della Dda che hanno coordinato l’inchiesta che ha portato all’arresto del capomafia il 16 gennaio alla clinica La Maddalena. Messina Denaro ha risposto ad alcune domande alla presenza del suo legale, l’avvocatessa Lorenza Guttadauro. L’interrogatorio, che si è svolto nel carcere de l’Aquila, dove il boss è detenuto in totale isolamento al 41 bis, non è stato secretato.
Pare che le risposte del numero uno di Cosa Nostra non abbiano dato alcun contributo importante, o almeno significativo, al quadro dell’inchiesta. Anche se non ci sono indiscrezioni sul contenuto del colloquio, è facile ritenere che le domande dei magistrati abbiano cercato di approfondire il tema delle protezioni, con particolare attenzione alla rete di complicità che l’inchiesta sta giorno dopo giorno rivelando. Uno dei punti da chiarire è il ruolo del medico Alfonso Tumbarello il quale ha curato e assistito, con 137 prescrizioni, il boss che andava in giro con l’identità del geometra Andrea Bonafede.
Un altro aspetto dell’inchiesta prende di mira il covo di Campobello di Mazara, messo a disposizione da Bonafede. Oltre a indumenti femminili, appartenuti a donne con cui Messina Denaro si incontrava, sono stati ritrovati documenti e “pizzini”: uno era in una busta indirizzato alla figlia, ma mai giunto alla destinataria. Non è da questi elementi che sarà possibile ricomporre la rete di relazioni che hanno assicurato al boss la lunga latitanza. Messina Denaro è in buone condizioni di salute, e viene sottoposto alle terapie oncologiche all’interno della struttura carceraria.