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Le attrici vittime di molestie in rivolta: “In Italia il Me Too non è mai iniziato, sensibilità differente” – Il Fatto Quotidiano

“Mi sono ribellata alle molestie, ho trovato le mie foto su un sito porno”. “C’è un critico che manda le foto del suo pene alle attrici e se ti ribelli arrivano le stroncature”. “Quando ha capito che non lo volevo, mi ha sbattuta contro un muro”. E’ la tipica frase delle donne attrici vittime di molestie Ogni giorno il numero delle rivelazioni aumenta. Eppure il MeToo in Italia non è mai decollato. Il movimento che ha scandito la rivolta delle donne negli Stati Uniti contro le prevaricazioni nel mondo dello spettacolo ha sempre fatto fatica ad attecchire da noi. Ha lasciato, nei fatti, alla sola Asia Argento il peso della battaglia. Ma era comunque rivolta ad avvenimenti accaduti oltreoceano, quelli che hanno riguardato il produttore Harvey Weinstein.

La discussione è stata rilanciata negli ultimi giorni da un’intervista a Repubblica di Margherita Laterza, attrice e figlia del celebre editore Giuseppe. Margherita ha lavorato con Pupi Avati, Luca Barbareschi, Claudio Collovà, Sergio Rubini. Quel mondo lo conosce bene. Che cosa ha spiegato? “Dopo aver fatto un provino, il regista mi fa sapere che è andato molto bene e che c’è lui, nel suo ufficio, che vorrebbe che andassi a salutarlo” Lui insiste, lei ribatte: “Ci tengo eccome a quel ruolo, ho fatto il provino, è andato bene, cosa manca? Mi risponde che forse non ho capito come funziona”.

Poi lui ci prova con i sentimenti: “Mi diceva che era innamorato di me, che ero bravissima, mi elogiava davanti alla troupe. Poi quando ha capito che non bastava si è arrabbiato e ha iniziato con i maltrattamenti psicologici, fatti di rimproveri eccessivi, e quelli fisici. Una volta mi ha sbattuta contro un muro”. All’epoca, dice ancora l’attrice, non ha denunciato. Erano tempi diversi e differente la sensibilità. Conclude Margherita: oggi le cose non sono diverse. E fa un altro esempio: “In un’altra produzione un regista aveva una personalità complessa e fragile, aveva bisogno di continui riconoscimenti. Era così nervoso che un collega è venuto a chiedermi di andarci a letto, mi ha detto: fallo per tutti noi”.

Ma s il Me Too non è mai esploso a livello mediatico in Italia, non significa che non ci sia chi ha deciso di farsi valere. Cinzia Spanò, presidentessa dell’associazione Amleta che nasce per divulgare il tema delle molestie nel mondo dello spettacolo. Raccoglie testimonianze. Non solo attrici, ma anche sceneggiatrici, costumiste, fotografe. Più di cento. Non è facile agire. Perché dopo un anno certi reati vanno in prescrizione. Perché c’è ancora tanta paura di ritorsioni nell’ambiente. Chi accusa teme di rimanere fuori dal giro. Alcune molestie giungono anche dai mondi più vicini allo spettacolo: “Il critico che manda le foto del suo pene alle attrici è storia nota”. Ma troppi, dice Spanò, ci ridono su. E chi ha provato a ribellarsi ha ricevuto da quel momento in poi solo stroncature.

Oggi ci sono una mezza dozzina di procedimenti in corso contro atti di predazione da parte dei registi in Italia, spiega ancora la Spanò a Repubblica. Un regista settantenne è finito nel mirino di decine di professioniste: hanno raccontato di esser state toccate, baciate e penetrate senza consenso. Vittime del potere del ruolo e manipolate. C’è anche chi si è trovata vittima di una vendetta. Di un caso di revenge porn. Protagonista a sua insaputa di un video spacciato come porno. E’ accaduto quando qualcuno dello staff ha caricato su un noto portale a luci rosse delle scene di nudo di una produzione shakespeariana, accompagnate da descrizioni volgari e umilianti. Il sito ignora le richieste di rimozione. “Le ha viste un amico e mi ha avvertito. Ma quando ne ho parlato al regista, mi ha detto solo: mi dispiace”.

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