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Il sistema scolastico e l'italiano suscettibile: la famiglia finlandese ha ragione, noi invece non cambiamo mai

Ci incazziamo. Quando ci dicono la verità, ci incazziamo. Quando le critiche sono dure ma costruttive, calzanti ma efficaci, quando ci irritano ma ci fanno riflettere (perché sono vere), ci incazziamo. Quando i forestieri vengono a Reggio è dicono che è bellissima, ma sporca, ci incazziamo. “Se ne torni al suo paese”. Ecco, lo stesso è accaduto per la vicenda della famiglia finlandese in Sicilia, la cui lettera è diventata virale e ha diviso l’opinione pubblica. Ma qui si va oltre la situazione politica, economica o civile. Qui è mentalità, anzi cultura. Il sistema scolastico non in Sicilia, ma in Italia, è arretrato. Non disastroso, ma neanche eccellente. E’ rimasto indietro, fa un passo dove altri (la Finlandia soprattutto) ne fanno dieci. E non è un caso se l’Italia ha uno dei tassi di analfabetismo più alti tra i paesi sviluppati, tra i più alti in Europa, e la Finlandia è invece tra le ultime. La lettera della famiglia finlandese, anziché essere considerata con disprezzo e rabbia, dovrebbe invece essere occasione di riflessione, per lavorare su alcuni fattori in cui necessita migliorarsi.

E’ inutile nascondersi dietro il “noi abbiamo la cucina più bella del mondo, il clima, il sole, il mare, il paesaggio e la storia”. Lo sappiamo. Ne andiamo fieri e orgogliosi. Ma stiamo andando fuori tema. La famiglia finlandese non ha di certo messo a confronto i due paesi sui fattori che contribuiscono alla qualità della vita. Ce ne sono di cose, e tante, in cui la Sicilia – anzi l’Italia tutta – ha da insegnare alla Finlandia. Di certo, sul sistema scolastico, occorre incassare il colpo, riflettere (magari a freddo, se a caldo siamo incazzati), rimboccarsi le maniche e rifondare. Perché, appunto, di sistema si tratta. Non è il singolo studente o il singolo professore, il problema, ma il sistema, alla sua base. La concezione di scuola, di apprendimento, di merito.

Già, il merito. Sul concetto di meritocrazia a cui ha pensato il nuovo Governo, si è già aperto un forte dibattito. Non bisogna andare avanti per merito, secondo tanti? E allora come? Va avanti chi ha le scarpe rosse? Il figlio del papà medico? Chi ha i denti perfetti o chi sa guidare l’auto? I meriti sono tali proprio perché si conquistano e non sono affidati a prescindere. Tutti hanno diritto alle stesse possibilità, e alla stessa istruzione, ma se uno è più bravo merita di andare avanti, merita di stare prima. Chi ha difficoltà non va denigrato, ma aiutato a rimettersi sullo stesso livello degli altri. Ci metterà di più, avrà meno meriti, ma almeno imparerà. E’ la vita, a scuola come nel lavoro. Però poi accade che, chi non merita di superare l’anno, anziché essere bocciato prosegue, va avanti. E magari si laurea pure. Perché non studiava, studiava poco, aveva il “5” di consolazione, ma poi andava avanti comunque e all’Università imparava a memoria. Aveva dato tutte le materie. Non si sa come. Senza conoscenze di base e magari senza neanche conoscere l’italiano. E poi faceva il concorso, diventava Insegnante e si sedeva su quella cattedra. E vale anche per tante altre Professioni. La competenza non si acquista con un foglio di carta, ma studiando con cognizione, con passione, sul campo, crescendo, prendendo bastonate ma anche le soddisfazioni assegnate da chi ha a sua volta la competenza per farlo.

E’ qui il sistema, alla base. Parte dall’apprendimento. Siamo sicuri che la strada sia studiare tanto e basta? Che senso ha studiare 9 ore al giorno (5 in classe e 4 a casa), ma a memoria, male, senza entusiasmo e senza averci capito nulla? Non è più produttivo studiare 5 ore, ma bene? E, soprattutto, farlo a intervalli di tempo prestabiliti, in cicli di spiegazione, esercizio, pausa produttiva? La soglia dell’attenzione non è infinita e in una mattinata è bene alternarla a quelle “famose” pause di cui parlava la famiglia finlandese. Nella scuola italiana non esistono, non sono mai esistite, salvo rari casi. C’è l’intervallo, di pochi minuti, e poi qualche altro minuto tra un’ora e l’altra. Ma sempre in classe, fermi, “chiusi in gabbia”. Perché non stare all’aria aperta 10 minuti l’ora? Perché non far respirare aria pulita a chi per 45 minuti ha ascoltato una lezione? Perché non incrementare i lavori di gruppo, in cui interagire e confrontarsi, anche su temi di attualità, facendo emergere la fantasia e la personalità di ognuno? Ne giovano gli alunni, ne giova il professore, ne giova l’armonia generale. E invece noi abbiamo bambini che spesso si annoiano, che non vogliono studiare, che aspettano il suono della campanella per evadere. E professori che “tirano dritto” su quel tanto agognato programma, perché “siamo indietro e dobbiamo finire”. E poi assegnano compiti a non finire, talvolta impedendo al bambino di svolgere attività extra-scolastiche nel pomeriggio.

La Finlandia non ha di certo il clima mite, le spiagge belle o la storia che hanno la Sicilia e l’Italia. Ma magari non si incazza se glielo facciamo notare, perché tanto non ci può fare nulla, è la natura. Il sistema scolastico, però, lo ha di certo migliore e su questo noi, anziché incazzarci, dovremmo apprezzare. Forse, anche indirettamente, quella famiglia ci ha dato un consiglio. Facciamone tesoro.

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