Roma, 7 apr —Dopo dieci anni Barilla ancora deve pagare pegno per avere osato dichiarare, nel 2013, che l’unica famiglia è quella «naturale» e che negli spot dei prodotti aziendali non vi era posto per coppie omosessuali; ultimamente ce la sta mettendo tutta per cancellare quell’onta, a suon di progresso e iniziative «risvegliate» tutte dominate dalla narrativa del «nuovo normale» che ci attende.
Iniziative dalle alterne fortune: già nei mesi scorsi Barilla aveva clamorosamente toppato ritrovandosi in mezzo al ciclone social per aver pubblicato un video in cui — nemmeno troppo sottilmente — si proponevano gli insetti come alimento e se ne esaltavano alcune proprietà. Addirittura consigliando, scherzosamente, di utilizzarli nella preparazione della carbonara. Se voleva essere un esperimento per tastare il terreno sui gusti degli italiani in fatto di larve, cavallette e scarrafoni, la risposta dei twittaroli del Belpaese è stata eloquente: un bel fiume di improperi.
Barilla se la prende di nuovo con la carbonara
Nei giorni scorsi Barilla ci ha riprovato in salsa più soft, accantonando i bacarozzi ma tenendo ben alto il vessillo della «società aperta» e soprattutto inclusiva; quello della società multiculturale che nelle mani dei sapienti ultrà del Wef si trasforma in monoculturale, grigia e insapore, ma con il sorriso sulle labbra. Anche stavolta il reparto marketing dell’azienda non è riuscito a fare a meno di coinvolgere l’immancabile piatto di carbonara — cosa avrà fatto di male la triade guanciale-tuorlo-pecorino solo loro lo possono sapere. Il progetto si chiama proprio così: Open Carbonara. La carbonara de Soros, in pratica. «Il mondo sta diventando sempre più sfaccettato e multiculturale, e per questo anche il cibo si sta orientando naturalmente verso la stessa direzione», spiegano dalla pagina dell’iniziativa.
«Proprio per questo, Barilla in collaborazione con Le Pub, punta a rendere sempre più inclusive le ricette tradizionali della cucina italiana che hanno la pasta come assoluto protagonista». Ad essere inclusiva, cioè a sottrarre elementi dalla propria tradizione, deve essere obbligatoriamente la cucina italiana. «Barilla ha così coinvolto un team di celebri chef con lo scopo di rielaborare la ricetta della Carbonara prendendo ispirazione da tutto il mondo senza però allontanarsi dalle proprie radici». Come vedremo in seguito, della carbonara e delle sue radici sono rimasti giusto gli spaghetti.
La clip che documenta lo scempio
«Guidati dallo chef stellato Marco Martini […] e un team di sei chef di eccellenza – appartenenti a diverse tradizioni e provenienze culinarie e specializzati in cucina halal, kosher, senza lattosio e vegana – hanno dato vita ad una innovativa reinterpretazione di uno dei più amati classici italiani». Per il lancio dell’iniziativa, Barilla ha prodotto uno stucchevole docufilm che documenta l’operazione. Stavolta si sono fatti più furbi: al posto di un influencer hanno usato i bambini, il soggetto inattaccabile, perché se te la prendi con un bambino passi automaticamente per str*nzo. Generano automaticamente empatia: sono carucci, leziosi, vengono mostrati mentre si struggono perché il bambino musulmano non mangia lo stesso tipo di pasta della bambina italiana, come se il cibo halal fosse una punizione.
Ma come: ci avete fatto due scatole così perché volevate la mensa diversificata per i musulmani, e ora frignate perché non potete mangiare come gli italiani? Siamo veramente alla frutta. L’operazione lacrime riesce, il padre chef di una delle bimbe italiane si strugge assieme alla bimba e partorisce questo portento di carbonara Barilla aperta e inclusiva: senza uova, senza guanciale e senza pecorino. Quindi non è una carbonara, ma un pastone palliduccio con un accenno di sembianze di carbonara per illudere tutti dell’esistenza di «un punto di incontro tra persone di culture diverse e quindi anche l’ambiente giusto per conoscere la bellezza della diversità ed impararne il significato».
L’illusione di includere tutti
Insomma, per Barilla il rispetto della diversità consiste nello snaturare una ricetta Italiana per accontentare le altre categorie e illuderle di essere «incluse» perché sulla carta stanno mangiando un piatto che non ha nulla della ricetta originale: ma hey, ha conservato il nome e un’accenno vago di sembianza. Su questo, per lo meno, concordiamo: ‘sta faccenda del’inclusione è un’assoluta presa per il c*lo.
Cristina Gauri
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