Le donne, i soldi, gli oggetti costosi, i ristoranti, la bella vita. E poi il viagra. Pure quello. Quando decideremo di piantarla di far assurgere Matteo Messina Denaro, mafioso assassino che mai si è pentito e mai si pentirà, a divo, sarà sempre troppo tardi. Forse, ma forse, dopo le conversazioni e le chat diffuse oggi qualcuno lo avrà finalmente capito che prima di essere un latin lover, o meglio un Dongiovanni da strapazzo, è innanzitutto un criminale che si è macchiato di reati della peggior specie.
Il tono che usa in quei messaggi è volgare, pesante, fastidioso da sentire. Più per il contenuto che per l’arroganza. Tenta di mascherare il fastidio che prova con le battute, ma non ci riesce. Il male che regna dentro di lui è palpabile, concreto. E d’altronde uno che decide di far strangolare e sciogliere nell’acido un bambino, lo ribadiamo ancora e ancora, non può che essere guidato dal male. In persona. Bloccato nel traffico dalle cerimonie organizzate per l’anniversario della strage di Capaci, Matteo Messina Denaro tira fuori la sua vera natura. In un messaggio vocale inviato a una delle pazienti conosciute durante la chemioterapia esprime il suo disprezzo per Giovanni Falcone e per quel tipo di iniziative. “E io qua sono bloccato con le quattro gomme a terra, cioè a terra nel senso non di bucate. Sull’asfalto. E non si muove per le commemorazioni di ‘sta minchia. Ora mi sono rotto i c…“, dice alzando la voce e imprecando, rivolgendosi alle due donne.
Queste parole, secondo Maria Falcone, sorella del compianto magistrato, “confermano la vera e profonda natura dell’uomo che finora i media hanno dipinto più come latin lover di provincia che per quello che è: un criminale senza scrupoli, sanguinario e ben lontano da qualunque ravvedimento e rassegnazione”. Ma c’era davvero bisogno che ce lo dicesse Maria Falcone? Davvero siamo diventati così poco empatici da dover subire un dolore così lacerante come il suo per capire ciò che è lampante? La dobbiamo smettere di fare battute, meme, risatine, di fronte alle notizie che riguardano il mafioso, latitante per 30 anni: lui è espressione del male, e in quanto tale dobbiamo trattarlo e parlarne.
Alle due pazienti e amiche con le quali chattava con più frequenza il boss avrebbe nascosto la sua vera identità. Ha raccontato loro di essere un ricco imprenditore, di aver vissuto all’estero, di avere tre figlie e di essere divorziato. Si tratta dell’ennesima falsa identità del latitante. Una falsità dietro la quale celava il suo vero io: pieno di odio, rancore, violenza.
“Invito chiunque abbia un dubbio sul 41 bis ad ascoltare le parole di questo mafioso stragista colpevole di decine di omicidi“, commenta ancora Maria Falcone. E come non darle ragione? E’ vero, il 41 bis è stato istituito in Italia in una fase emergenziale, quella di mafia stragista, e non è stato più abolito. Ma come si può abolire una misura che ha fatto, per decenni, da deterrente nei confronti dei mafiosi? Non siamo ancora pronti ad abolirlo. L’Italia non è ancora pronta. E i fatti di cronaca recenti ne sono la prova. Con buona pace degli anarchici – diventati ormai strumenti nelle mani di bravi burattinai – che credono di combattere una battaglia giusta e invece stanno spalleggiando i mafiosi. E chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Se Alfredo Cospito morirà per lo sciopero della fame che porta avanti ormai da mesi, l’unico responsabile della sua morte sarà lui stesso. E la sua sarà una morte inutile. Mentre chi lo pilota continuerà a sedere sul proprio comodo scranno.