Kuzu? Una parola che potrebbe far arricciare il naso a chi difende a spada tratta le tradizioni gastronomiche nostrane. Dimenticando che i piatti “tradizionali”, in qualsiasi parte del mondo (e noi non facciamo eccezione) sono il risultato dell’integrazione e della sedimentazione di usi, costumi, gusti e prodotti che provengono da molte parti del mondo. Al seguito di commercianti, emigranti, soldati, viaggiatori, missionari. Nessuna diffidenza nei confronti del kuzu, dunque. Anche perché, in questi giorni che seguono le festività e che sono spesso tribolati per stomaco e intestino, il kuzu si rivela un semplice rimedio in grado di portare sollievo e quiete digestiva.
Che cos’è – Il kuzu si presenta come una farina bianca ricavata dalla macinazione delle radici molto profonde di una pianta denominata Pueraria lobata, un rampicante appartenente alla famiglia delle leguminose, originario del Giappone, ma coltivato anche nella Cina centrale ed orientale e da tempo anche in America. La Pueraria è una pianta perenne, molto resistente (può vivere anche più di 100 anni) e dalle radici forti e sviluppate. Proprio dalle radici si estrae l’amido con cui si prepara una sorta di fecola molto solubile e digeribile, spesso aggregata in piccole zolle bianche.
A chi fa bene e perché – Per chi soffre di squilibri digestivi (gastrite, acidità di stomaco, reflusso gastroesofageo, infiammazioni importanti come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa), l’uso regolare di kuzu può contribuire efficacemente a ridurre il consumo di farmaci e a limitare il rischio di riacutizzazione dei disturbi. Il kuzu, grazie alla sua capacità tampone, assorbe e neutralizza i i succhi gastrici in eccesso riducendo dolori e bruciori che accompagnano gastriti e ulcere gastroduodenali. In caso di reflusso gastroesofageo e di ernia iatale (condizioni che determinano un fastidioso e, alla lunga, pericoloso passaggio di succhi acidi dallo stomaco nell’esofago), il kuzu previene questo fenomeno e riduce i sintomi respiratori (raucedine, tosse, bronchite) che vi sono associati. Inoltre, gli alimenti integrati con kuzu ammorbidiscono le feci e le rendono facilmente eliminabili, aiutando gli stitici e chi soffre di ragadi anali e emorroidi. Infine, un bicchiere di acqua e kuzu è utile anche in caso di diarrea, aumentando la consistenza delle feci e esercitando una azione disinfettante e antinfiammatoria sulla mucosa intestinale.
Altre proprietà importanti – Nella radice della Pueraria sono state trovati oltre 50 composti chimici complessi, i più importanti dei quali sono gli isoflavoni (soprattutto, ma non solo, genisteina, daidzina, daidzeina e puerarina). La Pueraria è di fatto una delle principali e più importanti alternative alla soia per l’apporto di isoflavoni, impiegati diffusamente come integratori per il trattamento dei disturbi della menopausa. Gli isoflavoni, tuttavia, hanno anche altre importanti proprietà. Sono potenti antiossidanti, inibiscono la crescita di cellule tumorali (Cancer Metastasis Reviews 2002;21(3-4):265-80; PLoS One 2011;6(12), sono utili nel trattamento delle malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, del diabete (non esiste alcuna controindicazione per questi soggetti), delle infiammazioni dell’osso e perfino del morbo di Parkinson (Phytotherapy Research 2014 Jul;28(7):961-75). Insomma, un piccolo scrigno di salutari proprietà.
Come usarlo in cucina – Il kuzu si può usare come addensante per sughi, dolci, gelati, composte e per dare una consistenza vellutata a zuppe, minestre e passati di verdura. La proporzione da utilizzare è di 5-10 g di kuzu (circa 1-2 cucchiaini da caffè) ogni 100 g di liquido ma molto dipende dalla consistenza che si vuole ottenere. In generale, l’aggiunta di kuzu dona morbidezza e cremosità alle preparazioni. A differenza dell’agar-agar (altro buono e salutare addensante, ricavato da alghe marine) che tende invece a formare una gelatina piuttosto solida. Quindi se volete realizzare preparazioni più consistenti (budini, velature trasparenti per crostate, ecc.) usate l’agar-agar. Il kuzu, invece, serve non solo per addensare ma anche per creare creme morbide e gradevolissime da consumare al cucchiaio. In commercio si trova il kuzu sia in polvere che in piccole zolle simili a pezzi di gesso. In questo caso, prima di utilizzarlo schiacciatelo a secco con una bottiglia o pestatelo in un mortaio da cucina.
Qualche suggerimento pratico – Il modo più semplice per utilizzare il kuzu e sfruttarne le proprietà benefiche in caso di stitichezza, infiammazione dello stomaco, reflusso gastroesofageo e colite è il seguente. Sciogliete un cucchiaino di kuzu in una tazza di acqua fredda (per evitare grumi), poi fatelo sobbollire circa 5 minuti. Quando il liquido diventa trasparente, la bevanda è pronta.
Articolo Precedente
Farmaci introvabili: per cambiare la situazione dobbiamo essere noi medici a proporre soluzioni