Più di un terzo dei comuni siciliani non ha più uno sportello bancario: solo 253 città su 391 hanno almeno una banca. In un anno gli sportelli bancari sono scesi da 1.122 a 1.098, erano oltre 1600 dieci anni fa. Le banche diminuiscono in 8 province su 9 salvo che ad Enna. Penalizzate le aree marginali: in Sicilia ci sono in media 23 sportelli su centomila abitanti, la media italiana è di 36 sportelli ogni centomila abitanti. Sono i numeri del disastro creditizio certificati da un’indagine di Bankitalia sui quali i sindacati lanciano l’allarme.
In tutta Italia ogni giorno poco meno di due sportelli bancari chiudono definitivamente i battenti e con essi spariscono dipendenti. Lo scorso anno, infatti, le filiali sono diminuite di 664 unità, passando da 21.650 nel 2021 a 20.986, e di circa un quarto negli ultimi cinque anni, quando nel 2017 erano 27.374. Una desertificazione che trascina con sè anche una diminuzione del personale bancario, pari lo scorso anno a 264.132 in flessione del -2,1% rispetto all’anno precedente per -5.647 dipendenti e del -7,7% in 5 anni, dai 286.222 dipendenti del 2017 ai 264.132 attuali.
La segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito denuncia «una dinamica di settore estremamente preoccupante che disegna una desertificazione, bancaria e occupazionale, al momento inarrestabile: serve con urgenza invertire questa tendenza». «Il settore bancario – continua – sta vivendo una situazione estremamente preoccupante. I maggiori gruppi proseguono, tra digitalizzazione e piani industriali, nell’operazione di desertificazione e sparizione bancaria e occupazionale. L’espulsione di forza lavoro sui territori non sufficientemente reintegrata, la concentrazione sulle sedi centrali del nord del personale a maggior qualificazione e la rarefazione di punti di riferimento per l’erogazione del credito rischiano anche di incidere sull’esito dei progetti legati al Pnrr. Per queste ragioni, insieme al rinnovo del contratto Abi, sosteniamo occorra dare attenzione a queste criticità e invertire la tendenza».
Situazione particolarmente drammatica in Sicilia, sottolinea la segretaria regionale della Fisac Cgil, Mimma Argurio «che sconta ritardi atavici ormai cronicizzati». Argurio chiede un intervento del governo regionale che supplisca alla carenza di sportelli soprattutto nelle aree marginali dell’Isola.
“Occorre – continua il responsabile Regionale Fabi, Carmelo Raffa -, che le istituzioni e tutti i politici siciliani facciano capire alle banche che la Sicilia e il Meridione d’Italia vanno aiutati e non abbandonati e quindi bisogna mettere il freno alla chiusura di filiali e assumere centinaia di giovani da destinare agli sportelli operativi, in considerazione delle migliaia di esodi, prepensionamenti e pensionamenti praticati dai gruppi bancari nell’ultimo decennio”.
La riduzione degli sportelli bancari è generalizzata in tutte le regioni e ha inciso percentualmente in misura maggiore, nel dato anno su anno, in Molise (-5,8%), nelle Marche (-4,9%) e in Sardegna (-4,1%). Rispetto agli ultimi 5 anni le flessioni maggiori si riscontrano sempre in Molise (-31,9%), in Abruzzo e in Valle d’Aosta (-26,9%). Per quanto riguarda i dipendenti le flessioni maggiori in percentuale, tra il 2022 e il 2021, si sono registrate in Liguria (-19,9%), in Toscana (-9,7%) e in Campania (-7,6%). Sul raffronto 2017-2022 emergono in negativo ancora una volta la Liguria (-38,7%), seguita dalla Valle d’Aosta (-28,2%) e dall’Umbria (-26%). Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, luoghi dove hanno sede principale cinque dei sei maggiori gruppi bancari, sono le prime tre regioni per numero di addetti: nei loro territori lavora il 52% di tutti i dipendenti bancari (135.167 su 264.132) a fronte di una popolazione residente di poco superiore al 30%. In generale, inoltre, le regioni che hanno perso più dipendenti in percentuale appartengono al Mezzogiorno, al Centro Italia Appenninico (Umbria e Marche) e alle aree più vicine ai confini nazionali (Liguria, Val D’Aosta, Friuli Venezia Giulia). Alla luce del trend negativo lo studio della Fisac Cgil prevede, senza interventi, una ulteriore diminuzione del numero di filiali al 2027 pari a circa 2.500 unità, così come sul fronte lavoro una ulteriore riduzione del numero dei dipendenti in una forbice compresa tra le 12 e le 14 mila unità al 2027.
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