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Ucraina-Russia, da invasione a visita di Biden a Kiev: un anno di guerra

Dodici mesi di guerra in Ucraina, un’operazione militare speciale che, nelle intenzioni della Russia, avrebbe dovuto essere ‘lampo’ e invece si è trasformata in una guerra di attrito di cui non si vede la fine. Di seguito gli eventi chiave di questo anno:

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Il 24 febbraio 2022, dopo mesi di tensioni crescenti, con le truppe russe ammassate al confine con l’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin dà l’ordine di invadere, parlando di ”operazione militare speciale” per ”demilitarizzare e denazificare”. Solo tre giorni prima, il 21 febbraio, Putin aveva pubblicamente riconosciuto l’indipendenza dall’Ucraina di due regioni filo-russe secessioniste del Donbass, quella di Donetsk e Luhansk. Mentre raid aerei colpiscono obiettivi attorno alle città ucraine, compresa Kiev, le forze di terra entrano a Mariupol, dove per settimane si combatte, nella città portuale di Odessa nel sud e a Kharkiv nel nordest. Gli elicotteri russi attaccano l’aeroporto militare di Hostomel, vicino a Kiev, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky proclama la legge marziale, dicendo che il governo avrebbe consegnato armi a chiunque volesse combattere e mobilitando tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni.

Marzo è il mese che, secondo l’Onu, registra il maggior numero di vittime della guerra in Ucraina. Le forze ucraine liberano alcune zone del Paese che erano state conquistate dalla Russia e scoprono le atrocità commesse dai militari russi ai danni dei civili e che potrebbero essere riconosciuti come crimini di guerra. In particolare a Bucha vengono scoperti i corpi di centinaia di civili, compresi bambini, che mostrano i segni delle torture e degli stupri subiti e che si ritiene siano stati uccisi dalle truppe russe. Il 16 marzo viene bombardato dai russi il teatro di Mariupol dove avevano trovato rifugio centinaia di civili, causando un numero altissimo di vittime. Il 29 marzo le forze armate russe annunciano che si concentreranno sulla ‘liberazione’ nel Donbass. Il 29 e 30 marzo Istanbul ospita i primi e unici negoziati di pace tra le delegazioni dell’Ucraina e della Russia, che si risolvono in nulla di fatto.

Il 7 aprile l’Assemblea generale delle Nazioni Unite espelle la Russia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Il giorno dopo, l’8, un raid missilistico russo contro la stazione ferroviaria di Kramatorsk uccide almeno 50 civili tra cui donne e bambini e ne ferisce altri cento. Lo stesso giorno le forze di Putin lanciano un nuovo attacco nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Zelensky accusa la Russia di genocidio e afferma che le sanzioni ”non sono abbastanza”. Il 13 aprile l’incrociatore missilistico Moskva viene colpito dalle forze armate di Kiev e affonda il giorno dopo infliggendo un duro colpo all’esercito russo.

Il 5 maggio Svezia e Finlandia annunciano l’intenzione di aderire alla Nato, mettendo fine a una lunga storia di neutralità. Il 19 si arrendono centinaia di soldati ucraini del battaglione Azov e di civili che per settimane si erano rifugiati insieme ai militari nelle acciaierie Azovstal a Mariupol diventando il simbolo della resistenza ucraina. Il 29 Zelensky va Kharkiv, per la prima visita ufficiale fuori dalla regione di Kiev dall’inizio della guerra.

Il 6 giugno l’esercito ucraino sostiene di aver respinto la flotta russa nel Mar Nero a una distanza di oltre 100 chilometri. La Russia perde il controllo dell’Isola dei Serpenti, al largo della costa meridionale dell’Ucraina, dove Kiev fa sventolare la sua bandiera. Gli Stati Uniti forniscono i primi lanciarazzi Himars all’Ucraina. Il 16 giugno l’allora premier Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz si recano in treno a Kiev per incontrare Zelensky ed esprimere ”un messaggio di unità europea a sostegno dell’Ucraina”. Il 29 giugno la Nato invita ufficialmente la Svezia e la Finlandia a far parte dell’Alleanza dopo il superamento del veto turco.

A luglio Zelensky riconosce che la Russia ha preso il controllo dell’oblast di Luhansk. Nel frattempo Mosca chiude più volte i gasdotti di Nord Stream per esercitare pressione sull’Occidente, aggravando la crisi energetica. Il 22 Mosca e Kiev raggiungono un accordo, con la mediazione di Ankara e delle Nazioni Unite, per sbloccare i cereali ucraini, il cui blocco stava minacciando una crisi alimentare globale.

Il 2 agosto la prima nave con grano ucraino arriva in Turchia in base all’accordo raggiunto tra Mosca e Kiev con la mediazione delle Nazioni Unite e del governo di Ankara. A fine agosto l’Ucraina lancia una controffensiva per riconquistare le regioni meridionali di Kherson e Mykolaiv. In risposta, le forze russe vengono spostate dalla Crimea a un nuovo fronte da Zaporizhzhia a Kherson, lungo il fiume Dnipro. Il 20 Daria Dugina, figlia dell’ideologo nazionalista russo Alexander Dugin, muore per l’esplosione di un’autobomba. Mosca addita la responsabilità all’Ucraina. Il 31 la Russia interrompe completamente l’esportazione di gas all’Europa.

A settembre continua la controffensiva ucraina che riconquista la città di Izium. In risposta, il 21 settembre Putin dichiara una ”mobilitazione parziale” di 300mila truppe da inviare in Ucraina a combattere causando un esodo di massa di russi nei Paesi vicini per evitare la coscrizione. Il 30 la Russia annette ufficialmente Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia al termine dei referendum che si sono svolti dal 23 al 29 e che sono stati dichiarati illegali dal diritto internazionale. Zelensky risponde chiedendo l’adesione alla Nato.

Il 2 ottobre i militari ucraini conquistano diversi villaggi lungo il fiume Dnipro ottenendo la più grande vittoria al sud dall’inizio della guerra. Significativa anche la deflagrazione di un camion carico di esplosivo che fa saltare in aria un ponte che collega la Russia alla Crimea. Il 10 la Russia lancia un massiccio attacco missilistico in diverse zone dell’Ucraina, compresa la capitale Kiev, uccidendo almeno 23 civili e ferendone oltre 100 in quella che è una risposta all’esplosione del ponte.

L’11 novembre le forze ucraine riconquistano Kherson dopo il ritiro delle truppe russe. Il 30 il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg promette che l’Ucraina farà parte dell’Alleanza.

Il 21 dicembre Zelensky è in visita negli Stati Uniti, per la prima volta fuori dall’Ucraina dall’inizio della guerra, dove incontra il presidente americano Joe Biden. Dopo mesi di esitazione, Biden gli assicura che invierà a Kiev il sistema di difesa aerea Patriot. Il giorno di Natale Putin dice che la Russia è pronta a negoziare, ma l’Ucraina rifiuta colloqui che potrebbero portare a cessione di territori.

A gennaio 2023 la Germania decide di inviare carri armati Leopard 2 all’Ucraina, dopo che gli Stati Uniti firmato un accordo preliminare per l’invio di tank M1 Abrams. Il 12, dopo mesi di combattimenti, la Russia rivendica la conquista della città di Soledar.

L’8 febbraio Zelensky si reca a Londra, dove al Parlamento ringrazia la Gran Bretagna per il supporto dato alla guerra chiedendo l’invio di caccia da combattimento, e incontra il premier britannico Rishi Sunak e re Carlo III. Si sposta poi a Parigi, dove incontra il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il 9 è a Bruxelles, dove interviene al Parlamento europeo e partecipa al summit del Consiglio Europeo. Qui Zelensky ha un bilaterale con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il 20 il presidente americano si reca in visita a sorpresa a Kiev per incontrare Zelensky. Il giorno dopo, il 21, è in Ucraina Giorgia Meloni.

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