mafie,-40-anni-dall’omicidio-di-bruno-caccia,-figlia:-“vogliamo-verita”-–-lapresse

Mafie, 40 anni dall’omicidio di Bruno Caccia, figlia: “Vogliamo verità” – LaPresse

Mafie, 40 anni dall’omicidio di Bruno Caccia, figlia: “Vogliamo verità”

L’intervista alla figlia Paola. Il nome del magistrato ucciso a Torino sarà letto a Milano in occasione della XXVIII Giornata per la memoria e l’impegno per le vittime innocenti delle mafie

di Camilla Cupelli, 19 Marzo 2023

Quarant’anni fa la mafia uccideva il primo (e unico) magistrato al Nord. A Torino, via Sommacampagna, 26 giugno 1983: un commando armato spara a Bruno Caccia, procuratore capo della Repubblica di Torino. Era davanti a casa con il suo cane. “Per il trentennale della sua morte avevamo chiesto oltre alla memoria anche di dare una svolta alla ricerca della verità che era ferma. In questi dieci anni poco è cambiato”, dice la figlia del magistrato, Paola Caccia, a LaPresse. “Allora, a parte l’organizzatore dell’omicidio, non sapevamo niente. Siamo poi riusciti a far riaprire il processo sulla base del fatto che nelle carte del primo processo c’erano tanti elementi non presi in considerazione, però non è uscito molto di nuovo”, prosegue. Paola Caccia è una delle familiari di vittime innocenti di mafia che il 21 marzo sarà a Milano, per la XXVIII Giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie.

Per l’omicidio di Bruno Caccia sono stati condannati, con conferma in Cassazione, Rocco Schirripa, accusato di aver partecipato al delitto, e Domenico Belfiore come mandante. Ma alla famiglia non basta: “Oramai ci interessa più che altro la verità storica, passando il tempo non si riescono più ad avere testimoni. Io però seguo tutti i processi per mafia, perché vedo che sono tutti collegati uno con l’altro, a volte dei pezzetti possono arrivare da lì” dice ancora Paola Caccia intervistata da LaPresse. È avvenuto, ad esempio, il contrario: come racconta l’avvocato Fabio Repici nel suo ultimo libro, indagando sul caso di Caccia è stato riaperto il caso di Cristina Mazzotti. “Siamo felici per questa ricaduta positiva sulla verità di un altro caso”, dice la figlia di Caccia, carica di speranza che possa accadere anche l’inverso. Sul caso di Bruno Caccia, nel 2018 la procura milanese avoca a sé un fascicolo partito dalle dichiarazioni del pentito Domenico Agresta. Nel 2022 la procura generale di Milano ha riaperto le indagini, raccogliendo le dichiarazioni di Schirripa. Ma nulla di nuovo è pubblicamente emerso. Libera Piemonte ha curato la produzione di un documentario, nel trentennale della morte, dal titolo ‘Bruno Caccia, una storia ancora da scrivere’.

La Giornata nazionale della memoria e dell’impegno delle vittime innocenti delle mafie torna quest’anno proprio qui, in Lombardia. Era già accaduto nel 2010: dopo 13 anni, si torna al Nord. “Abbiamo forse finalmente capito che in questi 30-40 anni le mafie sono dilagate nel nord Italia, hanno fatto pochissimi morti e tantissimi affari. È la mafia in giacca e cravatta”, spiega Paola Caccia. E mentre il quarantennale della morte del padre si avvicina, chiede che le istituzioni partecipino: “Mi farebbe piacere” la presenza dello Stato, dice, spiegando che sono già in programma iniziative. E lancia un monito sui beni confiscati: “Sono un esempio bellissimo che deve proseguire, anzi la procedura va semplificata” dice, rispondendo all’ipotesi di un cambio di rotta sul riutilizzo. E la famiglia Caccia lo sa bene: a Bruno e Carla Caccia è dedicata una cascina a San Sebastiano da Po, a Torino, dove ogni 26 giugno si svolge un festival in ricordo del magistrato e tutto l’anno si organizzano eventi per le scuole e non solo. La cascina apparteneva ai Belfiore.

Proprio da Paola Caccia arriva anche un messaggio sul 41 bis: “Personalmente penso che vada modificato, è un buono strumento, per la mafia forse il migliore – dice – Ma deve avere una funzione di utilità, perché un boss mafioso non possa comunicare con l’esterno, ma va dosato nel modo giusto”. 

Come approcciarsi, dunque, ai 40 anni dalla scomparsa del padre? “Questo dolore grossissimo si è trasformato in orgoglio e senso di responsabilità, farlo conoscere per me è diventato quasi un lavoro”, dice. Il 5 aprile la cerimonia di intitolazione di un istituto comprensivo a Bruno Caccia proprio nel circondario di casa: “Mia mamma in quelle scuole ha insegnato, è finalmente un bel segnale per tutti noi”.

© Copyright LaPresse – Riproduzione Riservata

Related Posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *