“La notizia secondo cui l’Asp di Vibo Valentia avrebbe dato via libera al progetto di un ospedale di comunità presso il presidio sanitario di Tropea non può che trovarci in totale disaccordo per tutta una serie di motivi”. Ad affermarlo è il comitato civico “Pro ospedale Tropea” attraverso l’avvocato Francesco Rotolo. “Intanto vanno chiarite tutte le ombre di questa operazione finalizzata chiaramente alla chiusura dell’ospedale mediante un abile gioco terminologico, – prosegue – a nessuno sfugge come “Ospedale” e “Ospedale di comunità” sono denominazioni pericolosamente simili e capaci di ingenerare errore, ma per chiarire il tutto occorre partire dall’inizio”. [Continua in basso]
“Gli ospedali di comunità sono delle strutture leggere, presenti in altre realtà, – spiega il comitato – per la nostra regione vengono introdotti nel piano di finanziamenti Pnrr sulla sanità Cis firmato il 30/05/2022 tra l’allora Ministro della Salute Speranza ed il Presidente della Giunta Regionale Occhiuto. Molto interessante è leggere per cosa sono pensati gli ospedali di comunità e qui basta fare un banalissimo copia e incolla dalla pagina 7 del piano operativo regionale allegato al Cis dove si dice che: “Per gli ospedali di comunità, invece, si è optato per una collocazione in siti non assistiti da presidi sanitari, prescindendo se pubblici e/o privati accreditati, ma che possono assicurare ricoveri brevi a bassa intensità assistenziale soprattutto per i pazienti che necessitano di una post ospedalizzazione e/o cure periodiche continue, ponendosi ad un livello intermedio tra il domicilio e l’ospedale”. In coerenza con quanto previsto, gli ospedali di comunità (20 posti letto assistiti da un medico e da personale paramedico per soli sei giorni alla settimana) sono stati tutti allocati in ospedali chiusi o altre strutture, fa eccezione Tropea”.
E ancora, il comitato: “Noi abbiamo avuto due grandi e funeste “attenzioni”: da un lato è stato inserito l’ospedale di comunità all’interno dell’ospedale civile; dall’altro il progetto è stato finanziato non dai fondi Pnrr ma da quelli regionali. Ora la domanda nasce spontanea: perché inserire in un ospedale generale una struttura da allocare in stabilimenti destinati alla chiusura? Perché non usare altri luoghi ed altri spazi, viene in mente ad esempio l’ex preventorio antitubercolare, teatro di uno spreco enorme con la vicenda hospice? Ma, soprattutto, se esiste la disponibilità di due milioni e mezzo di euro che non vengono dall’Europa, perché non spenderli per assumere qualche medico in più e fare funzionare l’ordinario? Quello che temiamo – conclude il comitato – è che si tratti di una chiusura impacchettata con lo splendido fiocco che è la denominazione di “ospedale di comunità” che in realtà è tutto tranne che un ospedale. Facciamo un appello alle componenti della nostra comunità, alle forze politiche tutte, alla società civile e al volontariato, affinché si blocchi questo ennesimo tentativo di mortificare il nostro ospedale.
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