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Ecstasy: l'Australia prima nazione a legalizzarla a scopo terapeutico

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Australia, arriva l‘ecstasy terapeutica. Dal mese di luglio, infatti, verrà utilizzata come trattamento del disturbo post traumatico da stress e per curare la depressione.

L’Mdma, ovvero l’ecstasy, verrà autorizzata da psicologi e pschiatri ai loro pazienti che soffrono appunto di disturbi accennati prima, ma anche per altre terapie. Oltre l’ecstasy, anche la psilocibina, la sostanza presente nei funghi allucinogeni, sarà quindi utilizzata a scopo terapeutico.

”Decenni di demonizzazione”

La nazione oceanica, quindi, diviene il primo Stato a legalizzare due droghe dopo una lunga sperimentazione clinica. Un passo avanti nell’ambito delle terapie che ovviamente prevede un uso moderato delle due sostanze. Difatti, non si potrà usufruire una ulteriore assunzione oltre i limiti previsti. Il dottor David Caldicott, docente di medicina d’urgenza presso l’Australian National University, afferma che è “passo molto gradito per allontanarsi da quelli che sono stati decenni di demonizzazione”.

L’ecstasy nacque dapprima come principo di sazietà nel 1912, mentre negli anni ’70 arrivò la prima svolta terapeutica, soprattutto negli Stati Uniti. La sostanza ebbe un enorme successo negli ’80, quando esplose il suo uso ricreativo tanto da portarla alla proibizione.

Sempre secondo le parole del dottor Caldicott, una fornitura controllata può avere benefici su alcune condizioni psicofisiche.

”oltre a un beneficio terapeutico chiaro e in continua evoluzione, offre anche la possibilità di recuperare decenni di opportunità perdute di approfondimento del funzionamento interno della mente umana per così tanto tempo nel quadro di una ‘guerra alla droga’ ideologica e mal concepita”.

Bisogno di ulteriori ricerche

Chi la pensa diversamente dal dottor Caldicott è la neuropsicologa Susan Rossell, del Center for Mental Health di Swinburne. Secondo la dottoressa, prima della legalizzazione c’è bisogno di uno studio approfondito sulle sostanze.

 “Non abbiamo alcun dato sui risultati a lungo termine, quindi questo mi preoccupa molto, ed è uno dei motivi per cui sto estendendo così tanto il mio studio. I pazienti possono essere vulnerabili durante la psicoterapia assistita da sostanze psichedeliche” e occorrono quindi “controlli per proteggerli”

Fonte: agi.it

Simmaco Munno

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