Carlo D’Attanasio è un uomo di 54 anni detenuto nel carcere della Papua Nuova Guinea da 30 mesi con l’accusa di aver fatto parte di una banda di trafficanti che avrebbero importato 611 kg di cocaina.
Il caso è abbastanza controverso per due motivi fondamentali: il primo è che le accuse mosse nei confronti dell’italiano sarebbero inconsistenti; la seconda ragione è legata al presunto comportamento passivo delle Istituzioni Consolari e del Ministero degli Esteri di Roma.
La vicenda
Carlo decide di mollare tutto e fare il giro del mondo in barca a vela. Ha bisogno di fare uno scalo e nel marzo del 2020 approda in Papua Nuova Guinea. Il 26 giugno, dopo 5 mesi di permanenza, mentre si prepara per ripartire, da un’altra parte dell’isola un piccolo aeroplano si schianta appena dopo il decollo. All’interno del mezzo la polizia trova 611 kg di cocaina, con probabile destinazione Australia.
Vengono fermati dopo appena qualche giorno tre papua guinesi e con loro anche Carlo D’Attanasio. L’italiano è stato indicato da uno degli accusati come colui che ha portato sull’isola il carico di droga 5 mesi prima.
Controversie sulla vicenda
Dopo alcuni mesi emerge che nessuno dei narcotrafficanti accusati ha fatto il nome di Carlo e uno dei tre afferma di non aver mai conosciuto e visto Carlo e che non è lui che ha trasportato il carico di droga. Nonostante questo, dopo 30 mesi il processo è costantemente rimandato, anche se l’avvocato di D’Attanasio ha provato l’innocenza dell’imputato. La stampa locale inizia a dubitare della colpevolezza dell’italiano, ma questo non ha portato ancora a nessuno sviluppo.
L’atteggiamento delle istituzioni
Carlo lamenta negli anni il totale disinteresse da parte dell’Ambasciata di competenza, ovvero quella australiana, e non solo. Anche il Ministero degli Esteri a Roma e il Console Onorario dell’Italia in Papua Guinea, che sono a conoscenza dei fatti, non dimostrerebbero particolare interesse per la vicenda secondo l’imputato.
Intanto il cittadino italiano è rinchiuso da ormai due anni e mezzo in una delle prigioni più povere e mal messe del mondo. La situazione igienica del carcere ha anche compromesso la sua salute, dovendo convivere con un batterio che colpisce lo stomaco e che non permette l’adeguato funzionamento dell’apparato digerente.
A oggi, dopo alcuni servizi legati al caso, il Ministero dell’Estero ha avviato alcune iniziative a sostegno dell’uomo, ma la sua posizione giuridica è ancora uguale a quella di 30 mesi fa.
Foto: Mediaset Infinity
Sofia Guccione
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