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A Campobello di Mazara Messina Denaro non utilizzava l'alias Bonafede, ecco perchè – BlogSicilia – Ultime notizie dalla Sicilia

In clinica, in ospedale, negli studi medici si presentava con il nome di Andrea Bonafede, ma a Campobello di Mazara, il paese in cui ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, il boss Matteo Messina Denaro utilizzava un nome diverso. Un’accortezza, confermata dagli investigatori, che l’avrebbe aiutato a condurre una vita praticamente normale.

Presentarsi in un centro di piccole dimensioni con l’identità di uno degli abitanti di Campobello, il geometra Andrea Bonafede, che gli ha prestato identità e documenti per potersi sottoporre alle cure mediche, non era prudente. E avrebbe potuto esporlo a rischi.

Gli investigatori stanno cercando di ricostruire l’ultimo periodo della latitanza – Messina Denaro sarebbe stato a Campobello almeno fin dal 2020 – comprese le generalità con le quali il boss si presentava alle persone e nei luoghi che frequentava in paese.

“A Campobello tanti onesti, via le mele marce”

“Le mele marce ci sono qui come al nord e vanno tolte, così come le pecore nere vanno isolate dal gregge». Lo dice il medico in pensione Antonino Margiotta, 70 anni, per 40 medico di base a Campobello di Mazara e per decenni medico legale consulente della Procura di Marsala. È stato lui nel novembre 1998, accompagnato dalla Polizia, a fare la prima ispezione cadaverica sul corpo trovato in campagna di Francesco Messina Denaro, papà dell’ex super latitante arrestato lunedì scorso. «I campobellesi onesti, e
sono tanti, ringraziano le forze dell’ordine e la magistratura. Poi c’è chi dovrà fare i conti con la giustizia, ma non è certo la maggioranza del paese”, dice Margiotta.

“Riconoscerlo? Neanche io ci sarei riuscito vedendo le diverse foto segnaletiche del latitante – spiega il medico in pensione –
con una persona non avendoci un collegamento anche a distanza è facile perdere la fisionomia del soggetto. Come non l’avrei riconosciuto io, penso che neanche la maggior parte dei miei concittadini ci sarebbe riuscito”.

Il dottor Margiotta è stato collega di Alfonso Tumbarello, il medico ora indagato: “Lo conosco come professionista stimato, la situazione in cui si è venuto a trovare, secondo il mio modestissimo parere, va addebitata a un’eclatante presa in giro fatta al medico”. Infine la lotta alla mafia: “Per combatterla bisogna iniziare dalle scuole. Solo attraverso la cultura dei giovani si può arrivare a una modificazione sostanziale di questo paese”, conclude il professionista.

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